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Scuola: ieri ed oggi. Ieri: Tempo di istruzione e di incubo per gli alunni. Oggi: Tempo di incubo e di distruzione per gli insegnanti.

Il primo ottobre 1976 segnò l’ultimo anno in cui l’Italia intera iniziò l’anno scolastico in quella data, prima che le regioni decidessero autonomamente di anticipare l’apertura delle scuole a settembre. Questo cambiamento fu percepito come una “catastrofe” per le regioni più calde e un fattore di “sfasciamento” del sistema. Il primo ottobre era una data storica che segnava la fine delle vacanze, un periodo di pausa in cui si cercava di godersi il tempo libero nonostante i compiti o gli esami di riparazione. L’inizio dell’anno scolastico generava sentimenti contrastanti negli studenti: alcuni affrontavano la giornata con entusiasmo, desiderosi di rivedere i compagni e fare nuove amicizie, mentre altri la consideravano l’inizio di un periodo difficile. Nonostante le diverse reazioni, viene ricordato come un periodo “bello”, caratterizzato anche dall’uso di grembiulini neri con colletto bianco rigido e grandi fiocchi colorati che indicavano la classe frequentata.

Si ricordano inoltre le cartelle classiche, portate a mano o sulle spalle, in contrasto con gli zainetti o i trolley odierni, i cui rumori rompono il silenzio scolastico. All’interno delle cartelle trovavano posto in modo ordinato pochi elementi essenziali: il libro di lettura per i più piccoli e il sussidiario per i più grandi, insieme all’astuccio contenente penne, matite, temperino, gomma e colori. Gli insegnanti, solitamente un unico maestro o maestra per tutte le materie (eccetto la religione, impartita da un prete che svolgeva anche la preghiera quotidiana e la lettura biblica), guidavano gli studenti. Il canto concludeva spesso le lezioni come premio. Non mancavano gli esami per il passaggio alla scuola media, che comportavano l’aggiunta di libri e quaderni per ogni materia nella cartella.

L’ingresso nella scuola superiore, con l’obbligo dell’odioso grembiule nero, contrastava con la gioia e la curiosità degli studenti. Il nero simboleggiava sottomissione e rigidità mentale, rendendo tutti uguali, ma concedendo libertà nella scelta delle calzature. Nel 1973, però, arrivò una svolta liberatoria: il grembiule non era più obbligatorio. Libri e quaderni, non più contenuti nelle cartelle, venivano portati sul braccio, legati con una fibbia, e riposti sotto il banco insieme alla cancelleria personale. Preparare il materiale all’inizio di ogni lezione richiedeva silenzio assoluto, pena severe ramanzine. L’acquisto dei libri era un dovere, e mantenerli integri, senza “orecchioni”, era segno di ordine. Oggi, invece, i libri vengono spesso ignorati o visti come simbolo di ribellione, mentre la “spirtizza” e il rivolgersi male agli insegnanti sono considerati segni di intelligenza. Il 1975 segnò un’ulteriore liberazione, con l’abolizione del grembiule anche per le ragazze, che poterono così esprimere le proprie preferenze di abbigliamento, inclusi pantaloni a zampa d’elefante e tute firmate per l’educazione fisica, un lusso per pochi. Oggi, invece, l’abbigliamento è libero ma spesso inappropriato, e il cellulare di ultima generazione è prioritario rispetto ai libri, considerato un mezzo essenziale per la crescita e la socializzazione. Durante l’ora di educazione fisica, tutti tornavano uguali, con capelli legati, tute blu e scarpe bianche, senza accessori al polso. Si rientrava in classe in silenzio, pronti a seguire le lezioni senza lamentele. Anche i ragazzi avevano un professore di ginnastica dedicato, ma il rispetto per gli insegnanti era tangibile e inequivocabile.

Negli anni, i ragazzi hanno acquisito molti diritti, come chiedere chiarimenti o cambiare posto in aula, ma hanno perso il rispetto e le buone maniere, influenzati da una generazione di genitori poco educati. Questo porta a comportamenti altezzosi e offensivi nei confronti degli insegnanti, che si trovano a subire insulti e accuse di mancanza di empatia. Le punizioni come note e sospensioni sembrano avere un effetto contrario, mentre i genitori difendono i loro figli a spada tratta, ignorando il “Patto di corresponsabilità” firmato all’iscrizione. Gli insegnanti, privati di strumenti difensivi, si sentono soli e spesso incompresi, in un contesto in cui il rispetto per la figura docente è drasticamente diminuito. Un tempo, i comportamenti scorretti a scuola venivano corretti anche a casa, mentre oggi il rischio è di passare dalla padella alla brace, con pochi studenti che riescono a mantenere un buon comportamento.

Giovanna La Rosa