PEC PER IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Egregio Presidente Mattarella,
a lei, che è il capo dello Stato, mi dovrei rivolgere da Italiana, ma farò ancora di più.
Mi rivolgerò a lei da Siciliana e, in particolare, da Palermitana.
Le scrivo questa PEC dopo averne già scritto una al Presidente della Regione Siciliana, il 30 gennaio scorso, e un’altra al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il 6 febbraio scorso.
Oggi tocca a lei, non certo per minore importanza… anzi. Diciamo che ho voluto applicare il principio di sussidiarietà a questi miei appelli, però al contrario.
Lei m’insegna che, secondo il principio di sussidiarietà, se un ente inferiore è capace di svolgere bene un compito, l’ente superiore non deve intervenire, ma può (eventualmente) sostenerne l’azione.
In questo caso, Presidente, gli enti inferiori non si sono neanche degnati di darmi alcuna risposta nonostante io, come specificato nel testo delle mie due precedenti PEC, abbia reso pubbliche le mie lettere, inviandole pure ai giornali.
Lo stesso farò con questa, non perché non abbia fiducia in lei, ma perché ci sono ancora tanti miei (e suoi) conterranei che subiscono in silenzio. Oggi. Nel 2025.
Da sabato scorso (8 febbraio) a ieri (mercoledì 12 febbraio) ho percorso un quantitativo di chilometri che ha superato le centinaia e raggiunto le migliaia.
L’ho fatto a bordo della mia automobile ma, soprattutto, l’ho fatto lungo le autostrade, le strade statali e le strade provinciali della Sicilia. Da Sud Est a Nord Ovest e, poi, di nuovo da Nord Ovest a Sud Est.
E sa una cosa, Presidente? Al di là della fisiologica stanchezza, mi sorprendo di essere ancora tutta intera. Ieri sera, tanto per farle un esempio, a causa della fisiologica stanchezza di cui sopra, ho sbagliato strada e ho sfiorato l’incidente.
Se, anziché sfiorarlo, l’avessi proprio avuto, la responsabilità sarebbe stata mia, Presidente. Qui lo dico e qui non lo nego. Sono stata abituata ad assumermi le mie responsabilità, Presidente.
Esattamente quello che non fanno né i rappresentanti degli Italiani che siedono in Parlamento né i rappresentanti dei Siciliani che siedono a Palazzo dei Normanni, Presidente.
Sono perfettamente consapevole che, anche di questo, la responsabilità sia mia come di tutti gli aventi diritto al voto di questa nazione, Presidente.
Perché, vede, io credo davvero che lo Stato siamo tutti noi. Me l’hanno insegnato a scuola, subito dopo le stragi del 1992, Presidente. Io ero appena una bambina, ma non ho mai dimenticato neanche uno di quei 57 giorni di distanza tra il 23 maggio e il 19 luglio 1992. Tra un’autobomba e l’altra. Nel momento in cui io, nata a Palermo negli anni della Seconda Guerra di mafia, ho capito cosa fosse realmente questa mafia e ho giurato a me stessa di combatterla… nel mio piccolo.
Quando denuncio lo stato di abbandono e di degrado in cui versano le strade della Sicilia, Presidente, sono cosciente di denunciare anche gli affari di Cosa Nostra s.p.a. che vertono in questo settore: Infrastrutture e Trasporti.
La sua storia familiare contempla (ahimè!) quella di un politico che, da Presidente della Regione Siciliana, dichiarò guerra all’Anti-Stato e che, per questo motivo, venne ucciso. Chi gli succedette, per poco meno di sei mesi, era uno dei due politici più noti del paese in cui mi sono trasferita cinque anni fa. Io non ero ancora nata all’epoca, ma conosco perfettamente sia quel delitto che il ritorno al passato della politica siciliana. Così come conosco tutti gli altri delitti per mezzo dei quali Cosa Nostra ha eliminato chiunque le abbia dichiarato la guerra.
Lungi da me paragonare la promessa che feci a me stessa da bambina (di combattere la mafia nel mio piccolo) alle vite di tutti gli uomini e di tutte le donne che, in nome di questa guerra, si sono spinti fino al sacrificio più estremo. Ci mancherebbe altro…
A me, però, fa tanta rabbia vedere i Siciliani che percorrono delle gigantesche “trazzere” ogni giorno, senza mai alzare la testa. Senza mai fare valere i propri diritti. Senza mai chiedersi chi e perché è responsabile di questa nostra carenza atavica di infrastrutture. A quali trasporti (su gomma) conviene questo status quo.
Io sto alzando la mia testa, Presidente. Le sto chiedendo di aiutarmi a fare valere i miei diritti. E so, Presidente, a quali trasporti (su gomma) conviene questo status quo.
Da Italiana a Presidente della Repubblica — oltre che da Palermitana a Palermitano — le sto ufficialmente comunicando che gli “enti inferiori” a lei non hanno (a oggi) svolto bene i loro compiti.
Non possiamo aspettare che ci scappi l’ennesimo morto su tutte queste trazzere. Da sentirsi Stato a sentirsi abbandonati dallo Stato il passo è breve. Da sentirsi abbandonati dallo Stato ad aderire all’Anti-Stato il passo è addirittura fulmineo.
La prego, Presidente, non lasci che accada tutto questo. Non è un’iperbole la mia: è la riproduzione, in parole, di quanto avviene ancora nella nostra terra, Presidente. Le chiedo — umilmente — di essere… Stato
Barbara Giangravè